Salvataggio degli arti inferiori

Il salvataggio degli arti inferiori rappresenta il trattamento terapeutico estremo finalizzato alla conservazione della funzionalità di un arto compromesso da grave trauma, da ischemia critica complicata o meno da diabete mellito. Alla luce della personale esperienza, nei casi che presentano non praticabilità chirurgica, elevato rischio di insuccesso o dopo procedure chirurgiche non ripetibili, si propone il TRATTAMENTO VASOATTIVO LOCOREGIONALE, trattamento non chirurgico, che ha fornito in più del 95% dei casi trattati risultati positivi altrimenti non raggiungibili. L’alta efficacia di detto trattamento medico riconosce come razionale la somministrazione diretta dei farmaci nelle sedi periferiche di danno ischemico senza dispersione nel resto dell’organismo come invece avviene con le restanti terapie farmacologiche.

 

Traumi

I traumi sono generalmente affrontati in urgenza al fine di risolvere prontamente i danni sull’apparato muscolo scheletrico e, se presenti danni su vasi di grosse o medie dimensioni questi sono suturati o ricostruiti al fine di mantenere una perfusione ematica indispensabile alla vita dell’arto. In alcuni casi il trauma, frequentemente da taglio o da strappamento, può colpire sedi periferiche, come il piede o le mani in cui è richiesta una specifica preparazione microchirurgica al fine di procedere ad una ricostruzione, ove possibile, di vasi, nervi, tendini e muscoli. Un tipo a sé di trauma è rappresentato dal trauma da schiacciamento Fig.1 che, quando interessa mani o piedi, risulta generalmente di non facile gestione. Nei traumatismi da schiacciamento infatti, se le strutture ossee in molti casi sono recuperabili e da cui comunque non dipendono la sopravvivenza di muscoli, tendini e cute, i vasi molto piccoli, rappresentati dal microcircolo, subiscono in genere danni che possono portare, se non trattati opportunamente, a necrosi o cancrena di porzioni anche estese di tessuti che rendono a volte necessarie amputazioni coinvolgenti anche tutta la gamba. In tali casi, ove i vasi sono talmente di piccole dimensioni e non consentono di essere affrontati chirurgicamente, il trattamento non può essere che medico e il trattamento vasoattivo locoregionale, secondo la personale esperienza, si è rilevato il più efficace.

Più risulta precoce l’inizio del trattamento vasoattivo locoregionale sul Pz.te, maggiori sono le aree che possono essere preservate da eventi necrotici o gangrenosi influendo anche considerevolmente sul parametro dolore.

A
B

Fig.1.
Pz.te di 51 anni con
esiti di trauma da schiacciamento da muletto piede SX con
A:
vasta lesione plantare secondaria ad ematoma con aree di sofferenza tessutale alternate a necrosi;
B:
necrosi delle falangi intermedie e distali del IV e V dito.

Ischemia Critica

L’ischemia critica rappresenta l’evoluzione più sfavorevole della arteriopatia ostruttiva aterosclerotica degli arti inferiori e rappresenta la causa che più frequentemente richiede un tentativo di salvataggio degli arti inferiori (Fig.2).

Risulta quindi necessario, prima di affrontare tale argomento, definire gli aspetti più salienti della malattia che ne è alla base, cioè l’aterosclerosi.

L’aterosclerosi è una malattia cronica evolutiva caratterizzata da un accumulo di grassi all’interno delle arterie periferiche che lentamente vanno incontro ad una graduale riduzione del loro lume interno fino alla loro completa chiusura. Ciò comporta una sensibile riduzione dell’afflusso ematico ai tessuti che, nelle fasi iniziali della malattia, si manifesta clinicamente con l’insorgenza, durante la deambulazione, di un dolore crampiforme all’arto colpito, in genere al polpaccio, che costringe il soggetto ad interrompere la marca (Fig.3). Tale sintomo, definito claudicatio intermittens, incorre dopo un tragitto di marcia che si ripresenta costantemente dopo un certo intervallo di metri percorsi. L’insorgenza della claudicatio intermittens è dipendente dalla fisiologica risposta emodinamica che si produce durante la deambulazione: aumento del flusso ematico a carico dei muscoli che si contraggono a seguito dell’aumento delle necessità metaboliche rappresentate prevalentemente dalla maggiore necessità di ossigeno. Viene di conseguenza che se all’interno dei vasi che distribuiscono il sangue ai muscoli vi è un ostacolo che non consente l’incremento di flusso necessario alle aumentate richieste muscolari durante la deambulazione, i muscoli dovranno contrarsi con poco ossigeno facendo virare il metabolismo muscolare da aerobio (con ossigeno) ad anaerobio (con poco o senza ossigeno). Il muscolo contraendosi in condizioni di anaerobiosi produrrà metaboliti acidi, come acido lattico, irritando le terminazioni nervose con insorgenza di dolore e arresto della deambulazione Fig.3.

A
B
C

Fig.2. A: necrosi I° dito piede SX in Pz. con ischemia critica da Arteriopatia Ostruttiva Periferica, e diabete mellito in esiti di amputazione dell’arto controlaterale; B: dopo 2 mesidi trattamento vasoattivo locoregionale; C: completa guarigione al 4° mese di trattamento

La classificazione di Leriche-Fontaine suddivide la gravità dell’arteriopatia obliterante periferica in 4 stadi:

I° stadio: è lo stadio definito asintomatico; il Pz.te presenta lesioni ateroslerotiche tali da non sviluppare alcuna sintomatologia. Queste lesioni sono definite emodinamicamente non significative, tali quindi da non determinare cali di flusso e pressione a valle della lesione stessa. In alcuni casi è possibile riscontrare, ad esame Eco-Doppler, lesioni ostruttive importanti che sono compensate da ricchi circoli collaterali che mantengono livelli di flusso adeguati senza insorgenza di dolore alla deambulazione

II° stadio: è lo stadio della claudicatio intermittens Fig.3; tale stadio può essere a sua volta suddiviso in stadio II°A se l’intervallo libero da dolore è superiore a 200 m; stadio II° B se l’intervallo libero è inferiore a 200 m. Ciò consente attraverso il colloquio con il Pz.te di valutare la gravità del sintomo. I Pz.ti appartenenti al II° stadio A che quindi presentano un intervallo libero ampio, sono da considerarsi meno gravi e da ricontrollare periodicamente e da sottoporsi a terapie conservative: dieta ipolipidica, astensione dal fumo, attività fisica deambulatoria con associazione di terapia antiaggregante piastrinica. I Pz.ti appartenenti al II° stadio B sono da considerarsi più gravi e richiedono un trattamento terapeutico efficace che blocchi l’evoluzione della malattia e migliori lo stato sintomatologico. E’opportuno in questo stadio della malattia impostare dapprima una terapia farmacologica ricorrendo ad antiaggreganti piastrinici e vasoattivi tendenti a limitare estensioni e complicanze delle lesioni aterosclerotiche con i primi e migliorare la perfusione periferica vasodilatando il circolo periferico e quello collaterale di compenso con i secondi.

claudicatio intermittens
Fig.3:
schematizzazione del dolore crampiforme al polpaccio da claudicatio intermittens in P.zte al II° stadio di Leriche-Fontaine
.

III° stadio: è lo stadio del dolore a riposo. Questo stadio è caratteristico dei Pz.ti che hanno presentato un peggioramento delle lesioni ostruenti tale che la riduzione della perfusione non si manifesta solo durante la deambulazione ma anche a riposo. E’in particolare durante il riposo notturno che si manifesta il quadro doloroso che inizia alle dita del piede per poi estendersi prossimalmente a volte coinvolgendo tutta la gamba (Fig.4 A). Va detto infatti che in stazione eretta il

flusso periferico è sostenuto prevalentemente da due forze: una rappresentata dalla attività cardiaca che sospinge la massa ematica verso la periferia e dalla forza di gravità. In posizione supina, quindi durante il riposo notturno, venendo meno la forza gravitazionale, è la sola forza cardiaca che deve vincere le alte resistenze al flusso offerte dalle lesioni ostruenti e dai circoli collaterali ad evitare l’ischemia dei tessuti. Se tali resistenze riducono il flusso periferico oltre il limite di tolleranza dei tessuti, questi ultimi, in condizioni di valori di tensione di ossigeno eccessivamente bassi (ischemia) producono sostanze acide che irritano le terminazioni nervose provocando dolore. Istintivamente il Pz.te in tale stadio, è spinto, durante il riposo notturno, a mettere l’arto in posizione declive fuori dal letto (Fig.4B) attivando così la forza gravitazionale e alleviando sensibilmente il dolore. Se questo stratagemma consente di ovviare al dolore, a lungo andare comporta un peggioramento dello stato dell’arto. Mantenere per periodi lunghi l’arto in posizione declive, determina la comparsa graduale di edema da stasi che comprime il microcircolo e aggrava lo stato di perfusione contribuendo all’evolvere verso il IV° stadio.

IV° stadio: o stadio delle lesioni trofiche. Il perdurare di uno stato perfusivo precario quindi di una ischemia protratta dei tessuti, comporta la comparsa di aree di necrosi, ulcere più o meno estese fino alla cancrena (Fig.5). Un più sottile inquadramento dei Pz.ti appartenenti al III° e IV° stadio, con elevato rischio di amputazione dell’arto si è raggiunto integrando i parametri clinici con parametri strumentali giungendo alla definizione di di Ischemia Critica caratterizzata da:

*dolore ischemico a riposo con o senza lesioni trofiche (necrosi, ulcere o cancrena)

*un indice pressorio caviglia-braccio (ABI) di 0,4 o inferiore

*una pressione sistolica alla caviglia di 50 mm Hg o inferiore o una pressione sistolica alle dita di 30 mm Hg o inferiore.

A
B

Fig.4. A: schematizzazione della comparsa del dolore a riposo in posizione supina a carico delle porzioni distali del piede (dita e dorso del piede) con tendenza alla estensione prossimale; B: posizionamento declive della gamba, fuori del letto, per attivare la forza gravitazionale al fine di alleviare il dolore ischemico.

Pzte di 52 anni con ischemia critica su base aterosclerotica arto inferiore DX con lesioni necrotiche al I°, II° e V° dito del piede in fase evolutiva, dopo recente trattamento infruttuoso di trombolisi loco regionale eseguito altrove, con impraticabilità angiografica all’esecuzione di intervento di rivscolarizzazione tramite PTA o by pass (A); (B): al 50° giorno di trattamento locoregionale vasoattivo e di angiogenesi terapeutica;(C): 6° mese di trattamento con completa rigenerazione tessutale

I Pz.ti inquadrati al III° e IV° stadio di Leriche-Fontaine o come portatori di Ischemia Critica, presentano comunemente indicazione a interventi di rivascolarizzazione con PTA (agioplastica percutanea con o senza

stent) o by pass, al fine di contrastare l’evoluzione della malattia e ridurre il rischio di amputazione degli arti inferiori. In tali casi le procedure chirurgiche di rivascolarizzazione siano esse di tipo convenzionale o endovascolare presentano elevato tasso di insuccesso sia a breve termine che a distanza.

Nei casi di ischemia critica che presentano spesso elevato rischio di insuccesso o dopo procedure chirurgiche non ripetibili, con alta probabilità di amputazione dell’arto, si propone la tecnica di salvataggio degli arti inferiori denominata trattamento vasoattivo locoregionale che ha fornito, nella personale esperienza, in più del 95% dei casi trattati, la cessazione del dolore ischemico a riposo con recupero della sensibilità del piede e delle dita, aumento della temperatura nell’arto e l’allungamento significativo dell’intervallo libero di marcia. 

BIBLIOGRAFIA:

1-Treatment of complex regional pain sindrome type I of the hand with a series of intravenous regional sympathetic blocks with guanethidine and lidocaine. Paraskevas KI; Michaloglou AA; Briana DD; Samara M. Clin Rheumatol. 2006; 25(5):687-93


2- Peripheral vascular pain. Sumikawa K; Sakai T; Ono T – Nippon Rinsho, 2001; 59(9):1733-7


3- INTRAVENOUS REGIONAL SYMPATHETIC BLOCK WITH GUANETHIDINE. Hannington-Kiff J – Lancet 1:1019, 1974