Che cosa è l’ischemia critica degli arti inferiori?
L’ischemia critica degli arti inferiori rappresenta uno stadio clinico grave ed avanzato secondario alla evoluzione peggiorativa di una malattia cronica degenerativa che riconosce come causa determinante l’aterosclerosi.
Fig. 1A – Schematizzazione di circolazione arteriosa di un arto inferiore con occlusione del tratto distale della arteria femorale superficiale colpita da arteriopatia ostruttiva cronica periferica ( AOCP) e relativi circoli collaterali che consentono di superare l’ostacolo ostruente ed irrorare le porzioni vasali distali rimaste pervie. Fig. 1C – Schematizzazione amplificata zona occlusiva e suoi circoli collaterali.
Come dall’aterosclerosi si giunge all’ischemia critica degli arti inferiori?
L’ateroclerosi è una malattia che colpisce le arterie di vari distretti del nostro organismo come cuore, cervello, reni, organi addominali oltre al circolo arterioso periferico degli arti inferiori ed è caratterizzata da accumulo all’interno delle arterie di materiale lipidico, prevalentemente colesterolo, che distribuendosi o focalmente o anche per tratti molto estesi dell’arteria, porta al loro progressivo restringimento fino alla loro totale chiusura. Tale processo di obliterazione cronica delle arterie degli arti inferiori prende il nome di “arteriopatia ostruttiva cronica periferica degli arti inferiori o AOCP degli arti inferiori”. Ne consegue che i territori irrorati da tali arterie ostruite da materiale lipidico vengano sempre più a risentire di un ridotto apporto di sangue e quindi di ossigeno andando incontro ad uno stato definito di ischemia, compromettendo tutti i processi metabolici cellulari alla base della loro sopravvivenza.
Quali soni i sintomi della AOCP degli arti inferiori?
L’ischemia critica degli arti inferiori è generalmente preceduta da uno stadio sintomatologico meno grave contrassegnato da “claudicatio intermittens”: il Pz.te dopo un intervallo di marcia variabile è costretto a fermarsi per la comparsa di un dolore crampiforme all’arto, frequentemente al polpaccio, che lo costringe ad interrompere la marcia per pochi secondi o alcuni minuti in relazione alla gravità del processo ostruttivo; la claudicatio viene definita intermittente in quanto si ripresenterà puntualmente ogni volta che verrà percorso lo stesso numero di metri rendendo il percorso di marcia interrotto ad intermittenza. Il dolore da “claudicatio intermittens” è provocato dal fatto che durante la marcia, la muscolatura degli arti richiede più sangue ed in particolare più ossigeno per lo sforzo muscolare, aumento che non può essere assicurato per le lesioni ostruttive lungo gli assi arteriosi colpiti da aterosclerosi. Questo insufficiente apporto di ossigeno comporta la produzione, da parte dei muscoli sottoposti a sforzo muscolare, di sostanze acide ( es. acido lattico ) che stimolando i nervi sensitivi provocano dolore. Il soggetto è quindi costretto a fermarsi ed attendere che il dolore cessi prima di poter riprendere la marcia.
Fig. 2 – Dolore crampiforme al polpaccio che insorge nel Pz.te affetto da arteriopatia ostruttiva periferica durante la deambulazione. Viene definita «claudicatio intermittens» per l’intermittenza del dolore che insorge su percorsi della stessa distanza e che costringe il Pz.te a claudicare e fermarsi ripetutamente.
Quali sono le risposte del nostro organismo alla malattia?
Il nostro organismo benché colpito da aterosclerosi mette in atto dei processi di compenso che sono rappresentati dai circoli collaterali. I circoli collaterali possono essere di due tipi: o vasi arteriosi anatomicamente già presenti ma non attivi in stati di normalità che lo diventano in presenza di segmenti arteriosi ostruiti fungendo da by-pass naturali apportando quindi sangue a distretti a valle, superando l’ostacolo; o vasi neoformatisi in seguito allo stimolo ipossico ( scarsa quantità di ossigeno) dovuto all’arteriopatia ostruttiva che consentono di superare l’ostacolo ostruente ed irrorare le porzioni vasali distali rimaste pervie. L’entità e lo sviluppo dei circoli collaterali condiziona la severità dell’arteriopatia ostruttiva periferica degli arti inferiori.
Come si passa dal quadro meno grave della “claudicatio intermittens” all’ischemia critica degli arti inferiori e quali sono i sintomi?
L’aggravarsi dell’arteriopatia ostruttiva periferica degli arti inferiori avviene o per l’estendersi della malattia ad altri segmenti arteriosi dell’arto colpito da aterosclerosi o per il venir meno della funzionalità o pervietà di alcuni circoli collaterali con conseguente peggioramento sintomatologico e concomitante comparsa altresì di lesioni trofiche tessutali agli arti conclamando il quadro di ischemia critica degli arti inferiori. Il Pzte in ischemia critica agli arti inferiori presenterà dolore a riposo difficilmente gestibile, ipotermia dell’arto colpito, lesioni necrotiche ed ulcerative ingravescenti al piede e gamba con evoluzione verso la gangrena.
Quali sono i maggiori rischi dell’ischemia critica degli arti inferiori?
Se non opportunamente controllata e trattata, l’evoluzione dell’ischemia critica agli arti inferiori presenta una prognosi sfavorevole e una larga percentuale dei Pazienti è destinata ad amputazioni minori o maggiori dell’arto colpito.
E’ possibile prevenire l’aterosclerosi e limitare quindi l’insorgenza dell’AOCP e la sua manifestazione più grave ovvero l’ischemia critica agli arti inferiori?
La prevenzione dell’ischemia critica degli arti inferiori si attua attraverso il controllo severo dei fattori di rischio dell’aterosclerosi e quando possibile la loro abolizione. Fumo, diabete, ipercolesterolemia, obesità, ipertensione arteriosa rappresentano i maggiori responsabili nell’incidere negativamente sia sull’insorgenza dell’aterosclerosi sia sulla sua espressione più grave rappresentata dal quadro di ischemia critica.
Fig. 3 – A: Necrosi IV dito piede SX in Pz.te con AOCP arto inferiore SX e diabete mellito con quadro di ischemia critica. Il Pz.te dopo un periodo di circa un anno e mezzo durante il quale lamentava dolore crampiforme al polpaccio durante la deambulazione (claudicatio intermittens), improvvisamente ha manifestato dolore al piede durante il riposo notturno con graduale sofferenza ischemica ingravescente al IV dito del piede fino alla necrosi.
La terapia applicata ha contemplato: terapia vasoattiva locoregionale (B) e terapia rigenerativa con fattori di crescita, per una durata complessiva, fino alla guarigione completa del IV dito avvenuta dopo 143 giorni (C e D).
Quali sono i metodi di diagnosi e trattamento dell’ischemia critica degli arti inferiori?
Le tecniche maggiormente impiegate nella diagnostica dell’ischemia critica degli arti inferiori sono le tecniche ultrasonografiche, Doppler ed Eco-Doppler, e l’arteriografia eseguita generalmente in appoggio alle procedure di rivascolarizzazione periferca con PTA ( angioplastica per via percutanea) associata o meno ad applicazione di Stent. Tra le procedure chirurgiche il By-pass rappresenta, nell’ischemia critica, l’opzione per il tentativo di salvataggio d’arto spesso non coronato da successo.
Esistono altre opzioni possibili al salvataggio d’arto nell’ischemia critica?
Da oltre 25 anni la personale esperienza sul “trattamento vasoattivo locoregionale dell’ischemia critica” dopo la prima illuminante segnalazione di Hannington-Kiff J (INTRAVENOUS REGIONAL SYMPATHETIC BLOCK WITH GUANETHIDINE. Hannington-Kiff J – Lancet 1:1019, 1974) ha dato significativi e altamente positivi risultati sul recupero di casi destinati all’amputazione d’arto. L’effetto combinato d’interruzione simpatica postgangliare e d’incremento del flusso periferico comporta una significativa riduzione del dolore ischemico accompagnata da un incremento del flusso cutaneo e muscolare che si traduce in un recupero della sensibilità e motilità dell’arto. Il trattamento ha consentito in più del 95% dei casi la cessazione del dolore ischemico a riposo con recupero della sensibilità del piede e delle dita, aumento della temperatura nell’arto e l’allungamento significativo dell’intervallo libero di marcia limitando altamente eventi demolitivi.
P.A. 55 anni. Ischemia critica su base aterosclerotica arto inferiore DX con lesioni necrotiche al I°, II° e V° dito del piede in fase evolutiva .
A: al momento della prima osservazione dopo recente trattamento infruttuoso di trombolisi loco regionale eseguito altrove, con impraticabilità angiografica all’esecuzione di intervento di rivascolarizzazione tramite PTA o by pass. La Pzte è stata subito sottoposta al primo trattamento locoregionale vasoattivo.
B: al 46° giorno dall’inizio del trattamento locoregionale vasoattivo e di angiogenesi terapeutica con arresto della progressione della malattia, netta demarcazione delle lesioni e recupero trofico del piede.
C: al 50° giorno di trattamento locoregionale di angiogenesi terapeutica.
D-E: al 4°mese di trattamento segni di avvenuta rigenerazione tessutale a carico del I° e II° dito e caduta parziale dell’area necrotica.
F: al 6° mese con completa rigenerazione tessutale a carico del I° e II° dito e caduta spontanea della falange distale del V° dito.